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lunedì 26 febbraio 2018

La Marvel di Moebius

Quando si scrive per un blog si svolge una azione precisa e specifica: per l'appunto, si scrive. Però quando si scrive per un blog il cui argomento principale/cavallo di battaglia sono i fumetti, ci sono delle volte in cui le parole non sono sufficienti quando si tratta di descrivere il tratto di alcuni disegnatori. Addirittura, ci sono delle volte in cui le parole sono anche di troppo. E questo è indubbiamente il caso delle illustrazioni dei supereroi Marvel di Moebius.



Prima di andare avanti, facciamo un po' di storia. Dopo essersi conosciuti durante una cena al San Diego Comic-Con del 1988, Stan Lee e Jean "Moebius" Giraud decidono di collaborare per scrivere una storia, attratti dall'irresistibile richiamo di fondere la propria formazione e stile con una cultura artistica diversa dalla loro, ma sempre guardata con enorme ammirazione. Lee amava i disegni onirici, visionari e futuristici di Moebius, oltre che il suo tratto squisitamente Europeo; mentre Giraud - attratto dal gusto della sfida - aveva sempre voluto mettere alla prova la sua arte con il format del fumetto Statunitense. Quello che nasce dalla amorevole commistione di esperienze è la storica Silver Surfer: Parabola, una graphic novel che ha lasciato un segno importante nella storia del fumetto per l'incontro del modus operandi Americano e Francese di fare fumetti, come all'epoca Walk This Way lasciò il segno nella musica per aver abbattuto il muro tra rock e rap.

Ad oggi, quell'incontro fu la continuazione di una collaborazione già in atto da otto anni, visto che all'inizio degli anni '80, la Marvel Comics pubblicava negli Stati Uniti le opere del fu- Jean Giraud. Dopo Parabola, non ci furono molte collaborazioni tra Moebius e la Marvel e il canto del cigno del loro rapporto può essere individuato in una serie di sette illustrazioni pubblicate nel 1991 come poster venduti separatamente dagli albi. Inutile dire che andarono letteralmente a ruba. Questi sette disegni, benché contati, mostrano gli eroi Marvel sotto una luce diversa, magari privilegiando aspetti della loro personalità mai considerati prima (nonostante fossero, magari, parte di loro) oppure riuscivano a riassumere in maniera potente e anche visionaria un loro aspetto cardine. Vediamole tutte con qualche commento al riguardo.



Tra i sette, il suo Devil (o Daredevil, come viene chiamato oggi da tutti per via di Netflix) è sicuramente il più visionario e astratto, questo perché il compito dell'artista era quello di dare forma al mondo di sensazioni in cui perennemente vive Matt Murdock. Se il commento di uno di voi è stato "e ma non si capisce un cazzo" beh, avete centrato il punto. E' un mondo che noi vedenti non possiamo capire e comprendere per "l'impedimento" della vista e, per tanto, non si poteva dare forma alla bomba di emozioni, odori, sapori e quant'altro in cui vive il  Cornetto.



Del Punitore (anche qui, oggi The Punisher per via di Netflix) è stata indubbiamente ripresa la sua stoica stazza e l'imponenza da action hero tipica dei film alla Die Hard o, meglio ancora, dell'impatto visivo che le trame western di Sergio Leone riuscivano a dare ad attori come Clint Eastwood. Il Punitore di Moebius è la quinta essenza del terrore che Frank Castle incute ai criminali e si vede.



Ecco, con Iron Man arriviamo invece ad una serie che personalmente chiamo "uomini-non-uomini". Notare la silhouette del Vendicatore Corazzato e ditemi se non sembra quasi che la sua armatura sia effettivamente la pelle di qualche alieno. Notare anche gli occhi, cavi e vuoto, sempre di qualche creatura proveniente da chissà dove che guarda, scruta e cerca di capire una cultura a lui aliena. Il Tony Stark di Moebius è molto più Iron che Man. 



Altro capitolo della serie "uomini-non-uomini" dove troviamo un Wolverine totalmente preda della sua parte bestiale e che, in tutto e per tutto, incarna lo spirito dell'animale omonimo a cui si ispira. Notare posa, espressione ma anche location. Una postura di riposo ma non troppo, quasi a delineare una pronta guardia che da condizione di riposo passa tempo zero in posizione di feroce attacco; la faccia invece, costantemente ringhiante per avvertire i visitatori che potrebbero rimetterci la pelle. E, ovviamente, la location che fughe da sua tana, da suo nido da proteggere. La posizione sul palo, difatti, simboleggia il suo ruolo da temibile cacciatore alpha. 



Ultimo capitolo della serie "uomini-non-uomini", forse il più inquietante dei tre, in quanto viene raffigurato un Uomo Ragno grottesco, animalesco e dalle pose decisamente più da Ragno che Uomo. La cosa che colpisce di più non sono tanto le pose, quanto il personaggio scelto per le stesse: l'Arrampicamuri, per l'appunto, eroe quasi mai affiliato a trame e tinte dark; non che non sia stato protagonista di storie oscure, ma sicuramente storie di questo genere non sono di certo il genere di default. Qui invece vediamo uno Spidey completamente votato e schiavo del suo lato animale, che addirittura assume comportamenti tipicamente da ragno. Il tocco di classe dell'illustrazione, oltre che la posta, è l'utilizzo della penombra sul personaggio che da in modo di aumentarne la minacciosità, lasciando come unico elemento di risalto i bianchi, vacui e spettrali occhi. 



Con Elektra, Moebius si è tenuto sul "semplice" (anche se ogni opera del maestro non è mai semplice nel senso stretto del termine). Da questa illustrazione - unico personaggio femminile dei sette poster - Moebius privilegia il lato guerriero della ninja e la gioia da lei provata nella battaglia, cosa sottolineata dalla scelta principalmente monocromatica del coloro rosso e dallo sguardo sprezzante e di sfida di Elektra. Altre prove del piacere del combattimento è dato dal dettaglio della spada in procinto di essere sguaiata, segno che principalmente Elektra non cerca lo scontro ma, se si trova nella posizione di confrontarsi, non esita a battagliare. 



Le illustrazioni si concludono con la Cosa dei Fantastici Quattro, una Cosa decisamente assorta nei suoi pensieri e che si presenta come di quelle persone dimenticate dalla società come senza tetto o minoranze etniche perché non rispecchiano gli standard sociali della maggioranza. Un misto di amara solitudine forzata da chi non ha fatto altro che cacciarlo e disgustarlo, e una solitudine scelte di proposito, perché consapevole che non c'è nessun'altro posto per lui al mondo. La cosa si può vedere dal paesaggio sul sottofondo, che raffigurano delle montagne, simbolo di isolamento parzialmente forzato e non. 


- Symo

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