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giovedì 14 dicembre 2017

Frank Miller e Robocop: Una Strana Storia d'Amore

Si son dette tante cose sull'amore e, al di là di come ognuno di noi la pensa, c'è una cosa su cui siamo tutti d'accordo: è strano. Nonostante quanto si dice nei libri dei sedicenti espertoni della seduzione, nella materia dell'amore siamo tutti uguali e tutti non capiscono, in ugual misura, un cazzo dell'amore: soprattutto del perché si è attratti da A piuttosto che B. Gente come Frank Miller ne sa qualcosa, poiché nella sua lunga carriera, c'è un personaggio con cui ha avuto una relazione a dir poco stranissima: Alex "Robocop" Murphy, lo sbirro cyborg di Detroit. Oggi, siamo qui per raccontare perché il nome del personaggio creato da Edward Neumeier e Michael Miner e reso celebre da Paul Verhoeven e Peter Weller sia soprattutto legato a quello di Miller.


Siamo sul finire degli anni '80 e Frank Miller viene chiamato da Jon Davidson: musicista e compositore, nonché produttore del primo Robocop del 1987 diretto da Paul Verhoeven per scrivere la sceneggiatura del seguito del suo seguito Robocop 2, che uscirà nelle sale cinematografiche nel 1990 per la regia di Irvin Kershner. Il perché venne scelto Miller piuttosto che altri, lo si deve al fatto che nel 1987 uscì la graphic novel Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro e il fumettista del Maryland era sulla bocca di tutti per il modo in cui mise i puntini sulle i su Batman.


Miller accettò con entusiasmo l'offerta, desideroso di impressionare Hollywood come riuscì a fare altrettanto nel mondo dei fumetti degli ultimi dieci anni. Tuttavia, la sceneggiatura di Miller venne ritenuta non presentabile al cinema poiché conteneva troppe scene violente e caratterizzazioni grottesche e fin troppo ambigue, cosa che portò a pesanti modifiche e riscritture drastiche, fino a quando della originale sceneggiatura di Robocop 2 non rimase che il nome. La cosa curiosa è che, nonostante la cocente delusione, anche quando il suo incarico come sceneggiatore era ufficialmente finito, Miller si presentò sul set ogni giorno, desideroso di apprendere tutto sul processo di creazione del film dall'inizio alla fine. Per la sua tenacia, venne premiato con un cameo all'interno della pellicola che, visto come sono andate le cose, il gesto era l'equivalente di uno che ti da una pacca sulla spalla e poi si pulisce la mano senza frasi vedere.


La stessa sorte capitò al suo ruolo in Robocop 3. Ancora ottimista sul fatto che potesse fare una buona impressione a Hollywood, Miller accettò l'incarico di scrivere Robocop 3 (datato 1993 e diretto da Fred Dekker) sperando sta volta di imbroccarne qualcuna. Anche perché, il fumettista del Maryland prese ancor più confidenza col personaggio, avendo scritto nel 1992 la miniserie Robocop Versus The Terminator con i disegni di Walter Simonson e pubblicata dalla Dark Horse.


Tra l'altro, è forse in questo periodo che i due cominciarono a maturare quella storia su Devil che non uscirà mai. Ma per questa storia, è meglio se leggete le 20 Curiosità su Devil. Ma tornando a noi, Frank riuscirà ad imbroccarne una? Purtroppo no. Miller commise un errore madornale e fece finta che la sua versione di Robocop 2 fu approvata e mandata su schermo tre anni prima, così scrisse Robocop 3 partendo dalle stesse tematiche del precedente. Portando una sceneggiatura che osava ancora di più della precedente, la produzione si trovò nuovamente a modificare il suo lavoro: e, sta volta, in maniera ancor più drastica di prima. Deluso e amareggiato dalla cosa, Miller lasciò Hollywood fino all'adattamento cinematografico del 2005 di Sin City e qualche sparuto cameo qua e là

Nel frattempo, la sua sceneggiatura originale per Robocop 2 assunse col passare del tempo uno status quasi di "leggenda metropolitana", portando tutti a mitizzare questo screenplay. Tra il 2003 e il 2006, la sua versione di Robocop 2 vide finalmente la luce in veste di miniserie a fumetti in nove parti intitolata Frank Miller's Robocop edita da Avatar Press. 


L'adattamento avvenne dopo una proposta di William Christensen - editor in chief della Avatar Press - il quale possedeva una copia del copione e contattò personalmente Frank Miller chiedendo il permesso di poter realizzare un fumetto sulla sua originale sceneggiatura, mostrando finalmente al mondo l'arcano. Miller accettò ma, per motivi di contratto, l'autore non poté occuparsene personalmente, così la missione venne affidata allo sceneggiatore Steven Grant e al disegnatore Juan Jose Ryp, i quali collaborarono a stretto contatto con Miller per l'uscita della miniserie. Miller cerò personalmente Grant, il quale non era solo un suo amico ma aveva, a sua volta, familiarità con il robo-sbirro, avendolo scritto in due occasioni.


La prima, era una miniserie di tre numeri del 1993 edita da Dark Horse in cui si adattava a fumetti il film di Robocop 3. Testi di Steven Grant, disegni di Hoang Nguyen.


La seconda, un'altra miniserie con trama originale di quattro numeri intitolata Rocobop: Mortal Coils del 1993 edita da Dark Horse; la storia vedeva Robocop inseguire dei brutti ceffi fino alla nevosa Denver, in Colorado. Testi di Steven Grant, disegni di Nick Gazzo.

Nella sceneggiatura di Grant vennero anche incluse delle idee inutilizzate di Miller che poi finirono in Robocop 3, o addirittura non ci finirono proprio. Leggendo l'originale script e confrontandolo con il film, si notano dei cambiamenti massicci, soprattutto nel portare allo spettatore certe sequenze: ma in ogni caso, la crew non andò comunque molto lontano dalla matrice originale. Non faccio troppi esempio al riguardo poiché ho intenzione di scrivere un post in cui elencherò per filo e per segno tutte le differenze tra la sceneggiatura di Frank Miller e quella poi rimaneggiata da Walon Green e mandata effettivamente sullo schermo. Ve ne riporto solo uno, giusto per farvi capire.


Parte delle trama verte sulla costruzione di Robocop II, una versione del Robocop originale totalmente asservita ai porci comodi della OCP; per tanto, nel film si farà di tutto per screditare Robocop, renderlo smantellabile e costruire una nuova versione. Purtroppo, per far funzionare quello nuove valgono comunque le regole di quello vecchio: serve della matrice umana. Così, la OCP crea un costrutto robotico in cui verrà poi inserito un cervello umana che farà funzionare il tutto.

Nel film, la matrice umana è Cain: un criminale invischiato della produzione e spaccio della droga Nuke; una volta che rimarrà gravemente ferito tanto da essere irrecuperabile, il suo cervello verrà salvato e impiantato in Robocop II e trattato come i cani: se fa il bravo, viene nutrito a Nuke. Nel fumetto, invece, si chiama Kong ed è un membro delle forze specializzate ed addestrate dalla OCP, il quale viene rimasto terribilmente ferito in uno scontro con Robocop e si decide di utilizzare il suo cervello per Robocop II; il suo leitmotiv è la sete di sangue, dato che Kong viene presentato praticamente come un uomo violento, sanguinario e bellicoso. Come potete vedere, il risultato è lo stesso: un cervello finisce in Robocop II. Però la resa è molto diversa e il senso del personaggio cambia completamente.

Siccome squadra che vince non si cambia, anche per la sceneggiatura di Robocop 3 si seguì la stessa strada, finendo per adattare la storia in una miniserie a fumetti in otto parti, pubblicata tra il 2013 e il 2014: a 'sto giro per BOOM! Studios. 


Sceneggiatura ancora di Steven Grant (aiutato in qualche numero da Ed Brisson), di nuovo la supervisione di Frank Miller ma, sta volta, coi disegni di Korkut Öztekin. Che no, non è una bestemmia in Polacco o Bosniaco, ma è semplicemente il nome del disegnatore: che si, è truculento e degno di stare in qualche band black metal scandinava.


E finisce qui la travagliat(issim)a storia fra Frank Miller e Robocop. Cosa abbiamo voluto dimostrare con questo post? Soprattutto, la magia della narrazione quando i media oggi più famosi e consolidati, sia incredibilmente interconnessi tra di loro. Oggi c'è più apertura mentale riguardo il tema, ma ci sono comunque molte persone che oggi ragionano ancora a scompartimenti. Sicuramente esistono le preferenze e uno può scegliere quale sia il media più fruibile per lui. Però, come si è visto, qui cinema e fumetto incontrano e scontrano ben più di una volta, dando vita a quello che è indubbiamente un processo di maturazione di un personaggio: maturazione, avvenuta anche a livello editoriale, dato che si è comportato come se avesse vita proprio, come se fosse una volubile femme fatale, facendosi vedere da più autori solo per elemosinare il piacere di essere scritto.

- Symo

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