Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

lunedì 27 novembre 2017

Silver Surfer di Dan Slott & Mike Allred, Vol. 1 (la recensione)

Come detto qui, diamo il via ad una nuova Rassegna Stampa che ci terrà compagnia per un bel pò! Dopo aver affrontato le produzioni cinematografiche di franchise come Lupin IIII Cinque Samurai e I Cavalieri dello Zodiaco, spostiamoci un pò sui fumetti: in particolare, su Secret Wars 2015. Da oggi in poi, ogni settimana, tratteremo di un volume/storia legata al crossover e ne faremo la recensione, fino a recensire tutti i volumi di cui è composta la saga. Questa volta si continua con IL SILVER SURFER DI DAN SLOTT & MIKE ALLRED.


Dati Generali:
Testi: Dan Slott
Disegni: Mike Allred
Anno di Pubblicazione: 2014-2016
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: Silver Surfer (Vol. 7) #1-#15
Prezzo: 28,00 €

Trama:
L'universo è grande. Più grande di quanto si possa mai immaginare. E Silver Surfer, solitario ex-araldo di Galactus, sta per scoprire che il modo migliore per vederlo... è con qualcun altro. In uno dei suoi innumerevoli viaggi, il fu-Norrin Radd incontra Dawn Greenwood, una ragazza della Terra che diventerà la sua "companion" e spingerà il surfista argentato a vedere le cose da una prospettiva diversa. 

Il mio Parere:
Avremmo parlato comunque di questo volume, che comprende la prima metà della run di Dan Slott e Mike Allred su Silver Surfer; metà, scandita dal coinvolgimento della serie in Secret Wars 2015. Siccome ci si sta occupando di recensire tutte le miniserie legate all'evento - e anche l'evento stesso - si è presa la palla al balzo per parlarne ora. Ma, come detto, l'avremmo comunque fatto prima o poi. Questo perché il Silver Surfer della strana (ma funzionalissima) coppia Slott/Allred riesce in una impresa che oggi può essere definita solo con l'appellativo di "dir poco titanica". Ridare al personaggio il suo iniziale fascino, senza però farlo sembrare datato.


E' il 1966 e Stan Lee e Jack Kirby creano Silver Surfer sulle pagine di Fantastic Four #48. Il personaggio è presto destinato a diventare uno dei più interessanti della casa editrice, in quanto Lee delinea attorno a lui un aura poetica e un fare biblico, delineando il personaggio come un essere dalla presenza imponente ma dall'animo fragile. Da quando il surfista d'argento otterrà una sua serie e Stan avrà modo di approfondirlo nella ongoing series di breve durata (ricordata però per i magnifici dialoghi e gli altrettanto magnifici disegni di John Buscema) il padre della maggior parte dei pezzi da 90 della Marvel Comics avrà sempre un occhio di riguardo per colui che è affettuosamente soprannominato "il Gesù dello spazio". Il sottovalutatissimo Dan Slott - con il grosso aiuto di Mike Allred, il quale viene e si è formato nel circuito underground del fumetto con il suo Madman - decide  di fare il "neoclassicista". Per dirla con parole semplici, decide di raccontare questa serie prendendo come modelli ispiratori le storie dei primi anni '60, oltre che le forme di narrazione più classiche in circolazione, ispirandosi e facendo suo il Surfer emo e imprigionato sulla Terra del primo Lee e qualcosina di Doctor Who. A livello tecnico, però, Slott/Allred utilizzano ogni espediente narrativo moderno per ridare al mondo del fumetto qualcosa che è andato perduto e/o sotterrato da opere più oscure e mature, credendo che al mondo non bastassero più opere "più semplici". Quando, invece, non è così.


Oggi è il 2017 e l'umanità si può definire una specie che ha perso ogni tipo di malizia, un po' per colpa/merito della situazione sociopolitica che, di anno in anno, è peggiorata sempre più e grazie a guerre e quant'altro è finita per diventare sempre più cinica e scura. L'altro po' è per via delle storie che, essendo raccontate da uomini influenzati da ciò che li circonda, finiscono per aggiustare il proprio tiro e sfornare storie che rispecchiano lo status mentale generale delle persone. Se opere fantascientifiche come Mass Effect oggi hanno trovato terreno fertile, non è solo per via della qualità intrinseca del prodotto, ma è anche perché è in linea con il tipo di narrazione che oggi il modo crede di aver bisogno: roba oscura, inquietante e priva di ogni forma di innocenza. Ed è proprio quando si crede che nel 2017 non ci sia spazio per un surfista cosmico creato quando gruppi come i Beach Boys sgomitavano con veemenza tra le classifiche, che il Silver Surfer di Slott/Allred irrompe prepotentemente sulla scena, portando in atto un vero ritorno al passato e dimostrando come un linguaggio apparentemente antiquato - se confezionato a dovere - può risultare ancora attuale. Quello che fa poi in più e ancor più dei suoi colleghi, è restituire ai fumetti quello che ha reso, oggi, questo media un autentico linguaggio per adulti.


Parlando con un mio caro amico riguardo lo status odierno della musica rock, si è convenuto che, generalmente, tutti i generi musicali si possono dire oggi "morti". I generi di oggi - il rock e specialmente come i generi di denuncia sociale come il rock - sono semplice intrattenimento, un apostrofo insipido tra un momento e l'altro che non lascia niente di concreto su cui ragionare; la musica, oggi, è semplicemente rumore abbellito di sottofondo, e non qualcosa di più. Oggi molti fumetti rientrano in questa categoria, fumetti che raccontano semplicemente storie, senza però avere la potenza espressiva del passato. Ecco, Silver Surfer di Dan Slott e Mike Allred - sfruttando ogni forma di espediente tecnico moderno possibile -  ridà al fumetto un linguaggio che appartiene solo ad esso, parlando per testi e immagini con quel linguaggio perseguibile solo nel media fumettistico. Per fare un esempio, basti pensare al numero #11 della loro gestione - che non per niente ha vinto il Premio Eisner come Best Single Issue - per capire l'essenza della loro gestione.

La trama del numero è presto riassunta: il nostro eroe argenteo pare intrappolato in una sorta di loop temporale e ripete in continuazione gli stessi errori. Solo un minimo cambiamento del suo comportamento porterà a una svolta significativa degli eventi. E' evidente che si tratta di una storia costruita sulla nostra quotidianità, sulla brutta abitudine di ripetere sempre gli stessi riti e gli stessi errori, la cui rottura è possibile solo tramite sacrificio. Tematica forse scontata e già meglio affrontata da qualche altro autore, ma il punto è che la forza di questa serie non sta nel messaggio e nel contenuto in sé, ma di come vengono proposti e portati all'attenzione del lettore questi messaggi.



Prego notare la raffinata opera di ingegneria apportata dai due artisti, i quali si sono impegnati per rappresentare fisicamente la sfiancante routine attraverso le pagine cambiate perfino nell’ordine delle vignette e nel contenuto di qualche balloon, fino a capovolgerle e creando addirittura variazioni sul temo, richiedendo per tanto una partecipazione attiva al lettore per "aiutare" il protagonista nella risoluzione dell'enigma; partecipazione, possibile - tra le altre cose - solo tramite il manipolabile formato cartaceo. Capisco il discorso della digitalizzazione ecc., però il medium fumettistico è un medium di carta e questa serie ha dimostrato che le sue potenzialità sono al massimo sfruttabili tramite una pubblicazione tangibile per il consumatore. Solo in questo modo i due autori avrebbe potuto rendere possibile e fruibile la sensazione di infinito e di eterna ripetizione al lettore.


Il tutto poi è unito assieme dalle sceneggiatura di Dan Slott in perfetta linea con i dialoghi di Mike Allred. Slott si riconferma una miniera di trovate, giochetti, riferimenti, frecciatine e stratificazioni, grantendo sempre e comunque un ritmo brillante e uno svolgimento della narrazione comprensibile a chiunque, presentando al suo interno concetti molti complessi spiegati utilizzando le più semplici parole favorendo, così, l'immediatezza. Questo è ovviamente un tocca sana per la drammatica e complessa trama orizzontale infarcita di gag comiche che si sviluppano per pagine e pagine, oltre che per una continua e minuziosa analisi psicologica dei protagonisti e una serie di svolte tanto inaspettate quanto repentine. Merito della sceneggiatura di Slott come della capacità di Allred di comprimere ogni scena d’azione in un paio di vignette. Il suo stile di disegno, poi, è il matrimonio perfetto tra l'underground, l'indie e il pop, fregandosene di tutte le tendenze iper-realiste e puntando di più su uno stile di esecuzione prettamente cartoonistico e fatto per essere funzionali ai testi di Slott riuscendo a rendere anche graficamente l'equilibrio della fantascienza degli anni ’70, i brillanti dialoghi delle commedie anni '60, la consapevolezza del post-2000 e la sottocultura grunge degli anni '90. E, ovviamente, le dovute citazioni grafiche a Jack Kirby.

L'unico difetto che presenta questa prima tranche dell'era surfistica di Slott/Allred, è quando questo Silver Surfer squisitamente vintage entra in contatto con il resto dell'Universo Marvel apparendo veramente datato. Seppur geniali, di fatti, la sequenza collegata a Secret Wars rappresenta la parte più debole proprio perché voluta dalla major e palesemente in netto contrasto con la direzione della serie impostata dal duo protagonista di questo post. Non che non abbia il suo perché per il modo intelligente in cui c'entra con il crossover senza farsi direttamente coinvolgere, però non è all'altezza di tutto il resto.


Conclusione:
Proprio come l’All-Star Superman di Grant Morrison e Frank Quitely faceva a suo tempo, anche questo Silver Surfer risulta grandioso per le sue idee, per la positività da Golden Age e per la potenza visiva: il tutto, senza stravolgere di una virgola la sua mitologia.

- Symo

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...