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lunedì 22 maggio 2017

Planet Hulk (la recensione)

Come detto qui, diamo il via ad una nuova Rassegna Stampa che ci terrà compagnia per un bel pò! Dopo aver affrontato le produzioni cinematografiche di franchise come Lupin IIII Cinque Samurai e I Cavalieri dello Zodiaco, spostiamoci un pò sui fumetti: in particolare, su Secret Wars 2015. Da oggi in poi, ogni settimana, tratteremo di un volume/storia legata al crossover e ne faremo la recensione, fino a recensire tutti i volumi di cui è composta la saga. Questa volta si continua con PLANET HULK.


Dati Generali:
Testi: Sam Humphries
Disegni: Marc Laming
Anno di Pubblicazione: 2015
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: Planet Hulk (Vol. 1) #1-#5
Prezzo: 2,90 € (cad.)

Trama:
Greenland è un luogo popolato interamente da Hulk, dove gli uomini normali (ma anche quelli con poteri) non resistono a lungo nel primitivo mondo dei Pelle Verde, poiché vengono schiacciati alla forza di quest'ultimo; i sopravvissuti, solo quelli più forti, vengono tenuti in vita e costretti a giocare in arene come gladiatori. Un giorno, il gladiatore Steve Rogers conquista la libertà e sceglie di andare in cerca dell'amico disperso Bucky Barnes, tenuto da qualche parte nei pressi di Mud Kingdom: regno governato dal temibile Red King. A bordo del tuo t-rex Devil Dinosauro, il viaggio del gladiatore Steve Rogers comincia. 

Il mio Parere:
Avete presente il termine "opera bilanciata"? Ebbene, Planet Hulk - miniserie che riprende l'acclamata ed omonima saga di Greg Pak e disegnatori assortiti - è una di queste. Il problema è che non è bilanciata come pensate voi. Non è una di quelle storie dove vari spunti vengono messi sullo stesso piano e valorizzati con parsimonia, quanto più una di quelle storie dove pregi e difetti sono di uguale misura e quantità, arrivando pienamente alla sufficienza.


Planet Hulk omaggia solo in piccola parte il nome della sua opera originale, prendendo per l'appunto solo il nome. La mini non vede Hulk su un pianeta disperso, ma Capitan America in versione schiattovichinga a bordo del t-rex più cazzuto dei fumetti in cerca del compagno di merende Soldato D'Inverno; quindi, sotto certi aspetti, il senso di Planet Hulk c'è: ma non è quello che si conosceva prima di Secret Wars. Ma nonostante ciò, l'abito non fa il monaco e la storia in cinque parti scritta da Sam Humphries e disegnata da Marc Laming ha ben altro di cui raccontare. Il pregio della narrazione, è quella di essere un lungo circum navigare presso un pianeta ostile a metà tra Mad Max e Kenshiro, regalando oltre 120 pagine di botte, sangue e violenza. Distraendo così tanto il lettore con sequenze di ignoranza totale, lo shockante finale di Planet Hulk rimane ancora più impresso nella sua memoria ed appare ancora più incisivo, poiché lo scrittore riesce a tirare fuori una visione davvero particolare riguardo una tematica che non sembrava potesse trovare fertile terreno qui, proprio in una storia che per cinque numeri ha sollazzato (e a volte, anche tediato) i lettori con scene fortemente e prettamente action.

E invece, rimani di stucco, a è un barbatrucchulk. Il duo Humphries/Laming tira fuori tutto un ragionamento sull'identità e sulla sua effettiva importanza in un contesto narrativo fatto di realtà parallele. Quando scopri che al mondo ci possono essere più versioni di te stesso, il "te stesso" finisci per perderlo o per tenertelo ancora più stretto? La multiversalità impreziosisce o impoverisce il singolo? La risposta vi stupirà sicuramente, soprattutto visto il cambio di registro narrativo sul finale, che prenderà una piega davvero negativa, amara e fatalista. I difetti sono, purtroppo, sono tutte le varie scene di combattimento che - come detto prima - sono troppe e fin troppo lunghe, scadendo spesso e volentieri nel ridondante. Insomma, ad una certa il lettore finisce per pensare che forse era meglio che si guardava la WWE. In più, visto che il meglio arriva sul finale, cinque numeri sono davvero troppi e i difetti di cui si è parlato proprio adesso, finiscono per amplificarsi perché hanno uno slot in più a loro disposizione per espandersi. Quattro sarebbe stato un numero ideale.


Marc Laming, invece, si comporta da disegnatore modello: ma, anche qui, non nel senso che credete voi. Semplicemente, Laming si limita a creare delle tavole che riescano in qualche modo a far capire bene la narrazione e la sequenza di eventi; del resto, con il suo stile comunque limitato ad una sola funzione, non si poteva pretendere nemmeno tavole troppo complicate. Finché si cerca da Laming tavole come quelle di Planet Hulk, dove l'azione prevale e non c'è bisogno di ottenere disegni ricercati, il disegnatore sarà sempre tra i migliori candidati disponibili. Quando però si cerca qualcosa di più, Laming capitombola e lo si può vedere nell'espressività dei volti, sempre più o meno uguali e con espressioni non molto convincenti e fin troppo finte. Insomma, funzionale alla sceneggiatura e rispettoso dello script, ma con poca fantasia e pochi strumenti al suo servizio per la realizzazione. Ma c'è anche di peggio in giro, quindi, accontentiamoci.

Conclusione:
Planet Hulk è una miniserie che sta nel mezzo e che offre un prodotto che sta nel mezzo. Tante cose fatte bene, molte altre fatta male. Sotto certi aspetti ridondante, su altri piacevolmente sorprendente. Insomma, una storia "bilanciata".

- Symo

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