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venerdì 27 novembre 2015

Ant-Man: la recensione (Baloon Central #36)

Riesumiamo la recensione di Ant-Man? Perché no?


Scott Lang è un ladro professionista dalla situazione famigliare abbastanza disastrata e dalla vita piuttosto misera. Dopo essere uscito da tre anni di carcere, cerca (con dei lavori piuttosto di fortuna) di riacquistare credibilità verso l'ex-moglie, così da riuscire a passare più tempo con la figlia Cassie. Messo alle strette, un giorno Lang si lascia convincere nel tentare il colpaccio della vita e rubare una enorme fortuna...ma, apparentemente, il colpo va a vuoto. Quello che Scott non sa, è che quello che ha rubato, è una sofisticatissima tuta armata di tecnologia d'avanguardia, il cui possessore era conosciuto a suo tempo come "Ant-Man": ex-agente speciale dello SHIELD attivo negli anni '80 il cui vero nome era Hank Pym, il quale era anche il creatore del costume. Ormai anziano e ritiratosi dalla professione da molti anni, Pym vede in Lang qualcosa; così, Hank decide di lasciare a Scott la tuta...ad una condizione: che egli ne diventi l'ufficiale successore e il nuovo Ant-Man. 


E questa qui sopra, era la trama. Prima di cominciare, piccola premessa. Al di là del gradimento personale che ogni film connesso al Marvel Cinematic Universe ha suscitato negli spettatori, obiettivamente, è indubbio che i Marvel Studios abbiano trovato la formula per rendere grandi i loro personaggi sul grande schermo e fargli piacere al pubblico: su questo, bisogna essere obiettivi e ammetterlo. Poco importa che i vari Captain America, Thor, Avengers e quant'altro non vi siano personalmente piaciuti: importa ammettere che la formula e lo schema adattato dai Marvel Studios è stato uno schema vincente; al di là delle emozioni (negative o positive che siano) che vi hanno suscitato, non si può ignorare che il botteghino abbia pianto di gioia. Logico che squadra che vince non si cambia, giusto? Ecco, a volte non cambiare una squadra per una determinata partita, che già all'inizio si presenta ostica, è una strategia da pazzi suicidi, perché la sconfitta potrebbe essere dietro l'angolo. Insomma, ti è andata bene con un personaggio che per quarant'anni non s'è mai cagato seriamente nessuno (Iron Man), ti è andata bene con una banda di sfigati stellari composta prettamente da personaggi di Serie B (I Guardiani della Galassia), difficile ora fare tripletta con "l'uomo formica". A chiunque, pure al sottoscritto, per un attimo è balenata in testa la domanda: "Ma non è che stai pisciando fuori dal cesso? Non è che stai chiedendo troppo alla fortuna?". Come impareremo a vedere, i film funzionano spesso come un partita a scacchi: serve un sacco di culo, ma sopratutto, di strategia. Detto questo, ora è proprio il caso di parlare di Ant-Man insieme e nel dettaglio evidenziando tutti i Pro, i Contro e i Così Così del film. E via che si va!


Pro:
- Benvenuto in Famiglia: Forse l'ho notato/lo vedo solo io, è che una delle maggiori qualità con cui Ant-Man si differenzia dal resto degli altri cinecomics Marvel Studios, è che assistiamo per la prima volta ad un senso di "tradizione". Scott Lang potrebbe essere erroneamente visto come il protagonista principale ed assoluto, ma in verità, è solo uno dei tre principali: la disastrata condizione di Lang è solo un deus ex-machina che ci fa entrare nella "questione di Ant-Man" e tutto ciò che è a lui legato, come il passato con lo SHIELD, le missioni segrete, il pericolo per il futuro, le perdite e il retaggio che lascia quando crei qualcosa che può rivoluzionare il mondo. Scott è si il primo Ant-Man di cui assistiamo le gesta, ma sulla carta ne è il secondo, e questo rende Scott il primo personaggio che prende un manto pre-esistente al suo arrivo; come la love story tra Hulk e la Vedova Nera è il primo incuiccio tra supereroi visto nel Marvel Cinematic Universe (sdoganando quindi gli intortamenti tra super-tizi), qui viene sdoganato il fatto che una identità possa passare da una persona all'altra, creando quindi un senso di continuità e una "famiglia". Forse forse qualcuno potrebbe ribattere e dire che Scott Lang è l'unico vero protagonista del film (e avrebbe anche ragione, del resto, questa è una recensione personale) ma sbaglierebbe nel dire che Hank Pym e la figlia Hope non lo siano tanto quanto lui: è innegabile che occupino una grande posizione di rilievo e che si viene quindi a creare un nucleo in cui si avverte senso di appartenenza per affinità caratteriale, ma anche per senso del dovere dovuto alla pesante eredità e retaggio del costume. Per la prima volta, assistiamo ad una creazione di una famiglia e di una tradizione supereroistica proprio come nei fumetti.

- Falcon e altri personaggi Marvel: E giusto per non farci mancare nulla, l'entra nel mondo dei supereroi di Lang è battezzata con una bella scazzottata con un altro supertizio: Sam "Falcon" Wilson. Lotta veramente ben coreografata e che, nel suo scambiarsi di cazzotti e schiaffi, mi ha fatto respirare l'odore afrodisiaco delle pagine patinate dei fumetti. Le lotte da supers sono tanto frequenti e necessarie tanto quanto quelle con i villains, oltre che sempre divertenti ed elettrizzanti da vedere. Inoltre, siamo sempre parlando di un altro eroe: questo è sottolineare forte forte e nuovamente il fatto che ci troviamo in un universo vivo e pulsante, dove tutto è connesso e per personaggi diversi è possibile incontrarsi e scontrarsi. In più, fanno un graditissimo cameo anche altri personaggi dell'MCU, sempre per sottolineare che è tutto connesso, ma sopratutto che ancor prima dell'arrivo di Iron Man ci fossero già delle (seppur labili) attività superumane. 

- Creativo uso dei poteri di Ant-Man: Come fatto capire prima, il nome "uomo formica" scoraggia eccome. Insomma, checcavolo di pericolo rappresenterà mai un sedicente "uomo formica"? Il film lo spiega e fa capire che, a volte, l'abito non fa il monaco e anche uno con un nome così scemo può rappresentare un'ostacolo molto ostico da superare, se ti informi bene sulla questione e se hai le idee giuste. L'utilizzo delle formiche e dei poteri per controllarlo è davvero impressionante, data la fantasia con cui vengono utilizzate nata da una certosina ricerca su tutte le specie maggiormente diffuse delle stesse. Usate come armi, soldati, ponti, pinze, conduttori di elettricità e tante altre cose, le piccole amiche del protagonista si presentano come dei micidiali coltellini svizzeri multiuso e dall'utilizzo (spesso e volentieri) letale e minaccioso. Scommetto che ora ci sono più ragazzini che vogliono essere più Ant-Man, che Iron Man. 

- Auto-Ironia a go go: La formula adottata con i Guardiani della Galassia ha avuto il suo grande bel effetto benefico, dato che anche qui ritorna quella auto-ironia che tanto ha fatto amare i Guardiani al pubblico: del resto, con un gruppo così disparato come quello visto nel film, se ci si prendeva sul serio alla Batman, era finita. Con Ant-Man succede la stessa cosa e, nella consapevolezza di Scott Lang nell'avere un nome pernacchievole e di essere un fallito, il film ce lo fa stare simpatico alla grande, perché fa quello che Peter Parker aveva fatto a suo tempo: essere consapevole di essere un poco pistola e impacciato, evitando quindi di darsi delle arie e puntando sulla semplicità e immediatezza.

- Tono Equilibrato: E a proposito di semplicità e immediatezza. Un'altra cosa che azzecca il film prima di azzeccare ogni altra cosa, è l'impostazione del film e il linguaggio con cui decide di parlarci. Non è troppo fumettoso come lo era The Incredible Hulk, ma non è nemmeno troppo film come lo Spider-Man di Raimi: i toni qui sono bilanciato ed è tanto prego di elementi fumettistici, quanto di elementi cinematografici; non si fa schiacciare dalle citazione/easter egg/bisogno di fedeltà del fumetto, ma nemmeno della necessità di "sembrare realistico" o di adattarsi ad un lungo metraggio. Fra tutti i film del MCU, Ant-Man è forse quello con i toni più bilanciati. In più, tutto questo è valorizzato e sottolineato dal fatto, che le premesse su cui lo stesso film si basa, sono semplici ed immediate; già dalla sinossi, un potenziale spettatore sa cosa andrà a vedere e sa cosa aspettarsi, ma questo non deve essere sinonimo di banalità, quanto di sicurezza di sé e del prodotto che vuole presentare. Come dice Scott Lang nel film: "niente dettagli, solo l'essenziale".

- Miglior Campagna Pubblicitaria di Sempre: Non sono uno che guarda queste cose, poiché le reputo un pò superficiali ai fini della recensione. Ma quando il film ti viene pubblicizzato in questo modo, come fai a non sorridere a 1400 denti? Semplicemente, rappresenta la genialità e rappresenta quanto le idee ci fossero per questo film e quanto fossero creative: e la genialità non puoi non apprezzarla.

- Nothing Can Stop The Marvel Comics: Citando la bellerrima Nothing Can Stop The Juggernaut, portiamo alla vostra cortese attenzione una piccola riflessione. La Marvel riesce a fare il botto con dei personaggio di Serie D: manco Serie B, di Serie D. Questo vuol dire qualcosa? Beh, più che qualcosa, vuol dire tutto. Hanno fatto un grande film con dei personaggi cagati si e no da una cerchia ristretta di persone: cosa impedisce ora alla Casa Delle Idee di fare il colpaccio, magari con un sequel? Pr ora non c'è nulla di confermato sul seguito, ma anche se lo facessero, c'è il rischio che sarebbe bello pure quello. Si è passati al next level gente.


Così Così:
- Hope Van Dyne: Per quanto mi riguarda, il personaggio di Hope è un insieme di pensieri riassumibili sotto l'espressione "croce e delizia". Pur essendo un personaggio inventato appositamente per il film (e io odio quando vengono inseriti personaggi nuovi con correlazioni a personaggi pre-esistenti dall'adattamento cinematografico) il personaggio riesce ad imporsi alla grande nella mente dello spettatore, sopratutto grazie alla sua splendida caratterizzazione e alla recitazione molto sentita di Evangeline Lilly. In tutto e per tutto, Hope ricorda la madre, la Janet Van Dyne dei comics qui solamente citata e a volte mostrare in breve attraverso flashbacks: dalla punta dei capelli, fino alla punta dei piedi, Hope è la copia di Janet...il problema e che, forse forse, lo è un pò troppo. E' dal primo Avengers che pure lo stesso Whedon cerca di inserire Wasp nell'Universo Cinematografico Marvel, senza però successo e senza trovare uno spazio per lei e Hope mi sembra tanto il risultato del gioco delle tre carte: mette "una specie di Wasp", senza però metterla davvero, perché non c'abbiamo idee su come metterla una volta per tutte. 

- Dialoghi: Certi dialoghi mi sono sembrati un pò mal costruiti, o addirittura un pò piatti, ma immagino che l'impressione sia nata dal fatto che (nell'adattamento Italiano) alcuni personaggio hanno, secondo me, un timbro vocale non adatto a loro e che quindi ha permesso al dialogo di rendere la metà di quello che originariamente doveva rendere. Tipo Rodolfo Bianchi nei "panni" di Hank Pym proprio no, giusto per fare un esempio.


Contro:
- Darren Cross/Calabrone: Ultimamente, l'MCU sembra avere problemi col ritrarre dei villain nel puro stile Marvel, il che è un peccato, non solo perché sarebbe già il terzo cattivone di fila che i Marvel Studios sbagliano (Ultron prima di Cross e Ronan ancor prima di lui) ma perché così rischia anche di non creare un parco nemici accattivante e variegato come, al contrario, è quello dei suoi eroi e personaggi principali. Ma il rischio maggiore è ovviamente quello della caratterizzazione e background degli stessi villains che, costume a parte, rischieranno di somigliarsi tutti...e non solo tra loro, ma anche tra qualsiasi altro villain creato nella storia della narrativa. Insomma, ditemi la differenza tra questo Calabrone cinematografico (che grazie a Thor non è stato tradotto come "Giaccagialla") e un qualsivoglia cattivone cazzaro della Disney. Ve lo dico io: nessuna. Qui Darren Cross è solo un grosso pupazzone da pestare a fine film e bella li, ed è un peccato perché Cross si differenziava dai soliti Loki e HYDRA perché sconosciutissimo ai più e, poco ma sicuro, poteva portare aria di frizzante freschezza al parco Marvel villains...ma invece, si è presentato come la solita macchietta cattiva e affetta da ridarola malvagia. Peccato. Poi il costume era davvero fico, quindi dispiace pure il doppio. 

- Il Finale del film (non quello dopo i titoli di coda): Sul finale che precede i primi titoli di coda, mi è un pò sembrato che il film arrivasse come "stanco" alla sua conclusione. Come se si fosse detto: "Bon, moh il grosso l'abbiamo fatto, adesso buttamoci lì sta cosa, che alla gente piace e fa ridere. Noi andiamo a schiacciarci 'na pennica intanto". Si va bene, ha fatto ridere, ma l'ho trovato come un piccolo, grande anti-climax. 


La tagline del film è stata "Le dimensioni non contano". Ovviamente, la suddetta era un riferimento ai poteri di rimpicciolimento del protagonista, ma il sottoscritto ci vede anche un'altra chiave di lettura riguardo la levatura e importanza del personaggio. Guardate quello che sta succedendo ai Fantastici Quattro: franchise di tutto rispetto e che ha aiutato, nei primi anni '60, i fumetti supereroistici ad ottenere la fama che hanno...e ora soffrono come dei cani in attesa di essere soppressi. Questo perché la qualità dell'uno preclude quella dell'altro? In teoria, dovrebbe essere così: "personaggio più importante" è sempre sinonimo di "qualità". Ma come Ant-Man ci ha insegnato e come stavamo spiegando all'inizio, "le dimensioni non contano" e se metti la gente giusta al posto giusto, anche un pedone può mangiare una regina: se metti la gente giusta al posto giusto, anche una formica può sconfiggere quattro colossi di un'industria. Il nome del supereroe sarà sempre ridicolo, ma tutto è il film, tranne che ridicolo. Leggero, auto-ironico, emozionante e pieno d'azione, Ant-Man è la rappresentazione cinematografica di quel famoso detto Cinese (o Giapponese, non ricordo) che dice: "Bisognerebbe alzarsi da tavolo con ancora un filo di pancia vuota". E Ant-Man è questo: un pasto squisito, soddisfacente e ben bilanciato, dove non si mangia né troppo, ma nemmeno troppo poco. Da vedere e rivedere: sopratutto in compagnia.


- Symo

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